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Dal lavoro alla felicità: il ruolo del commercio equo e solidale

  • SR
  • 28 feb
  • Tempo di lettura: 2 min

Dal lavoro alla felicità: il ruolo del commercio equo e solidale
Dal lavoro alla felicità: il ruolo del commercio equo e solidale

Durante il convegno "Trasformare la lotta per il lavoro in lotta per la felicità", organizzato dalla Campagna Abiti Puliti, si è parlato su come la crisi della storica azienda di moda di lusso La Perla (di cui abbiamo parlato in questo articolo) e il commercio equo e solidale rappresentino due facce della stessa medaglia. David Cambioli di Altraqualità ha sottolineato l'importanza di un modello economico che valorizzi il lavoro e garantisca diritti delle lavoratrici e dei lavoratori in tutto il mondo.


Il commercio equo: una risposta alle ingiustizie

Nato negli anni '60, il commercio equo ha sempre cercato di costruire alternative sostenibili al capitalismo predatorio. Non si tratta solo di garantire stipendi adeguati, ma di creare un sistema che permetta alle persone di lavorare con dignità e senza sfruttamento.


"Il commercio equo è femmina", ha affermato Cambioli, sottolineando come le donne siano spesso le prime vittime di un mercato globale che le relega a condizioni di sfruttamento. La connessione tra le lavoratrici di La Perla, che hanno dato il via a un’associazione, e il commercio equo ha fatto emergere una consapevolezza nuova: qualcosa si può e si deve fare per garantire giustizia.


Dalla crisi alla consapevolezza

La crisi di La Perla non è un caso isolato, ma parte di un sistema che svuota aziende storiche per il profitto di pochi. "Oggi il lavoro quasi non vale niente",  è stato detto durante il convegno. "Sembra quasi che il lavoro sia solo un modo per sopravvivere, senza dignità e senza valore". “Il valore del lavoro è stato artificiosamente distrutto e dobbiamo trovare il modo di ricostruirlo” ha continuato Cambioli.


Tuttavia, qualcosa sta cambiando e ognuno di noi può contribuire a questo cambiamento. Le nostre scelte hanno un impatto e possono influire su un sistema malato che sta inquinando il pianeta e sta sfruttando migliaia di persone in tutto il mondo, soprattutto donne e bambini.


Lavorare per la felicità

L'idea di trasformare la lotta per il lavoro in una lotta per la felicità parte da un presupposto semplice: il lavoro deve essere un luogo di realizzazione e non solo di fatica. "Essere riuscita a trovare tante donne come me che, messe insieme, sono riuscite a dare tantissimo è stata una forza grandissima".


L'unione, la collaborazione e la condivisione di esperienze possono dare vita a un nuovo modo di concepire il lavoro. Non più come una battaglia solitaria, ma come una comunità che cresce e si rafforza insieme. Uniti e unite possiamo costruire un mondo più giusto, dove il lavoro sia un'opportunità di crescita e non di sfruttamento.


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