Decreto Omnibus: un dietrofront dell’UE rispetto alla sostenibilità?
- SR
- 9 feb
- Tempo di lettura: 3 min

A marzo la Commissione Europea pubblicherà la proposta Omnibus, con possibili ripercussioni sulla normativa relativa alla rendicontazione di sostenibilità e alla tassonomia europea. Infatti, se da un lato queste normative mirano a rafforzare l’approccio delle imprese verso la sostenibilità, dall’altro potrebbero aumentare gli oneri per le aziende, mettendo a rischio la loro competitività.
Obiettivo della proposta Omnibus: semplificare la normativa in ambito sostenibilità per ridurre difficoltà e costi per le imprese. Per molti questa semplificazione sembra necessaria, ma resta un dubbio fondamentale: manderà all’aria tutti i passi avanti fatti fino a ora?
L’Omnibus Simplification vorrebbe riunire in un’unica normativa due direttive e un regolamento:
Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD - focalizzata sul bilancio di sostenibilità).
Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D - che impone un maggiore controllo su tutta la catena del valore).
Tassonomia Europea, in particolare il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM - relativo alla tassazione di prodotti importati ad alta intensità di CO₂).
Nonostante non siano ancora stati analizzati i primi bilanci di sostenibilità secondo la nuova direttiva, le cose stanno già cambiando. L’UE, infatti, ha accolto l’appello di alcune aziende e Stati europei (Germania e Francia in primis) che chiedevano una semplificazione delle normative relative alla rendicontazione di sostenibilità e alla due diligence.
Ecco cosa potrebbe prevedere Omnibus Simplification:
Riduzione dell’ambito di applicazione: Le aziende con meno di 1.000 dipendenti potrebbero non essere più tenute a riportare secondo la CSRD, il che comporterebbe una riduzione dell’85% delle imprese coinvolte;
Addio doppia materialità: Con un focus esclusivo sulla materialità finanziaria, potrebbero essere trascurati gli impatti ambientali e sociali;
Due Diligence indebolita: Potremmo assistere a un indebolimento di alcuni elementi chiave della CS3D, come i piani di transizione climatica.
Iniziano le proteste
Se per alcuni la semplificazione è necessaria, per molti questa proposta potrebbe indebolire la trasparenza e l’affidabilità delle informazioni di sostenibilità. Diversi esperti e associazioni credono che questa riforma rischi di danneggiare quanto fatto finora, mettendo a repentaglio la posizione “green” dell’Unione Europea.
Una lunga lista di aziende, associazioni e rappresentanti si sta opponendo a questa proposta, come è possibile verificare nel sito Business & Human Rights Resource Center. In una lettera pubblicata dal BHR, vengono sollevate tre principali preoccupazioni:
1. Confusione e incentivi distorti: La revisione delle normative (CSDDD, CSRD e Tassonomia) potrebbe creare incertezza, rallentando i progressi fatti dalle aziende nel comprendere e applicare gli standard di sostenibilità.
2. Necessità discutibile: Le normative sono già armonizzate e possono essere ottimizzate attraverso atti delegati senza riaprire il processo legislativo. Inoltre, si contesta la riduzione arbitraria del 25% degli obblighi di reporting, mentre altri ambiti, come quello finanziario, non sono soggetti a simili tagli.
3. Rischio per il Green Deal: Riaprire le leggi potrebbe favorire pressioni per indebolire le normative, mettendo a rischio l’intero progetto del Green Deal europeo, fondamentale per affrontare il cambiamento climatico e le violazioni dei diritti umani.
In sostanza, gli autori chiedono di non compromettere i progressi fatti e di implementare le leggi in modo efficace, senza modificare il quadro normativo appena concordato.
La situazione appare molto critica e delicata: da un lato le aziende richiedono maggiore chiarezza e semplificazione per poter seguire le normative, dall’altro molti esperti temono che un dietrofront possa avere conseguenze disastrose. Non ci resta che aspettare marzo per comprendere meglio le reali intenzioni dell’UE.
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