Lavoro flessibile e Parità di genere: una priorità strategica
- SR
- 21 lug
- Tempo di lettura: 2 min

Secondo l’ultimo report di UN Women, il lavoro flessibile non è più un beneficio marginale: è una condizione strutturale imprescindibile per la parità di genere nel mercato del lavoro. Le organizzazioni che intendono integrare la sostenibilità sociale nei propri modelli operativi devono riconoscere che orari e modalità di lavoro influiscono in modo diretto sulla partecipazione e l’equità tra i generi.
1. Il Tempo di cura come fattore di disuguaglianza
I dati contenuti nel report evidenziano uno squilibrio persistente nella distribuzione del lavoro non retribuito. Globalmente, le donne dedicano in media 4,2 ore al giorno a compiti domestici e di cura, rispetto alle 1,7 ore degli uomini. Questo divario limita la loro partecipazione al lavoro retribuito, impattando su occupazione, stabilità economica e possibilità di crescita professionale.
L’assenza di soluzioni flessibili aggrava ulteriormente il divario: le donne, sovraccaricate da impegni familiari, sono spesso costrette a ridurre l’orario di lavoro o a rinunciare del tutto all’attività professionale.
2. Flessibilità come misura di equità
UN Women sottolinea che un lavoro veramente equo deve essere anche flessibile. Tra le misure promosse:
orari adattabili,
lavoro ibrido o da remoto su base volontaria,
congedi parentali retribuiti ed equamente distribuiti tra i generi,
cultura organizzativa che valorizzi la flessibilità come norma, non come eccezione.
L’adozione di tali soluzioni non rappresenta solo un beneficio individuale, ma un’azione strutturale che riduce le barriere sistemiche alla piena partecipazione delle donne.
3. Rischi di bias tecnologici
Il report evidenzia anche i rischi emergenti connessi all’automazione e all’intelligenza artificiale. Il 28% degli intervistati ha osservato distorsioni di genere nei sistemi digitali e il 24% ha rilevato rappresentazioni discriminatorie. In risposta, UN Women raccomanda audit regolari dei sistemi automatizzati, una maggiore trasparenza dei dati e lo sviluppo di tecnologie inclusive sin dalla fase di progettazione.
Questa dimensione è particolarmente rilevante per i team ESG e DEI che stanno valutando l’impatto etico delle tecnologie emergenti.
4. Cultura aziendale e leadership inclusiva
Un altro elemento chiave del report è l’attenzione al ruolo della leadership. Per promuovere una cultura equa, le aziende devono:
coinvolgere attivamente i manager nelle iniziative per la parità,
incoraggiare forme di allyship maschile nei contesti lavorativi,
garantire percorsi di carriera trasparenti e inclusivi,
condurre audit retributivi regolari.
L’adozione di questi strumenti consente di affrontare le disparità non solo in termini numerici, ma anche culturali e sistemici.
5. Trasparenza salariale: un’aspettativa diffusa
Il report rileva una crescente domanda di trasparenza retributiva: il 47% dei lavoratori intervistati considera la mancanza di chiarezza sulle retribuzioni come un ostacolo concreto alla parità. Per questo, UN Women propone la pubblicazione regolare dei dati salariali disaggregati per genere, livello e funzione, come parte integrante della rendicontazione ESG.
L’evidenza è chiara: il lavoro flessibile non è un benefit, ma una leva strategica per l’equità. Secondo UN Women, le aziende che intendono agire in modo coerente con i principi ESG devono integrare la flessibilità nei propri modelli operativi, non come concessione, ma come standard.
L’impegno per la gender equality richiede un cambiamento sistemico: dalle modalità di lavoro alla cultura aziendale, dai processi digitali alla governance retributiva. In questo contesto, i professionisti della sostenibilità svolgono un ruolo chiave nel trasformare queste raccomandazioni in metriche, policy e pratiche operative.



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