Bollette sempre più care: perchè l'energia costa così tanto (e cosa possono – o non possono – fare le rinnovabili)
- SR
- 7 lug
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In un periodo in cui i prezzi all’ingrosso dell’energia sono tornati a scendere rispetto al picco della crisi energetica del 2022, le bollette continuano ad aumentare. Un paradosso apparente, che cela una struttura complessa fatta di costi nascosti, mercato disfunzionale e transizione energetica incompleta.
Nonostante la retorica sull’espansione delle fonti rinnovabili e la fine dell’emergenza energetica, l’Italia continua a essere uno dei Paesi europei con le bollette più care. Ma perché succede questo? E quali sono i limiti – e le potenzialità – delle rinnovabili nel contribuire alla riduzione dei prezzi?
Un sistema distorto: come si forma il prezzo in bolletta
Il prezzo finale della bolletta elettrica in Italia non dipende solo dal costo dell’energia. Al contrario, circa la metà dell’importo è dovuta a:
Oneri di sistema (trasporto, incentivi alle rinnovabili, gestione contatore);
Accise e IVA;
Costi di commercializzazione e vendita;
Quote fisse, indipendenti dal consumo.
Ad esempio, anche se il prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità (PUN) è tornato oggi a circa 120 €/MWh, dopo il picco di 210 €/MWh nel 2022, questo non si è tradotto in una riduzione delle bollette. Anzi, a gennaio 2025 il prezzo dell’energia è aumentato del 40% rispetto a un anno prima, con un costo medio di 0,14 €/kWh contro gli 0,10 €/kWh del gennaio 2024.
Nonostante la crescente penetrazione delle rinnovabili, il prezzo dell’elettricità è ancora determinato dal costo del gas, a causa del meccanismo di formazione del prezzo marginale: nel Mercato del giorno prima, che copre circa il 75% degli scambi, il prezzo viene fissato dall’impianto più costoso necessario a coprire la domanda. E quasi sempre si tratta di impianti a gas.
Anche se il 99% dell’energia di una giornata proviene da fonti rinnovabili, basta che l’ultima unità sia prodotta da un impianto a gas perché tutto il prezzo dell’energia venga fissato su quel valore, spiega Andrea Alberizzi (RSE/UniFe).
Il gas, quindi, anche se rappresenta solo il 20–25% del mix elettrico, continua a “determinare” il prezzo per gran parte del tempo. E il risultato si riflette direttamente nelle bollette, anche quando la produzione rinnovabile è alta.
Fine degli aiuti pubblici e ritorno degli oneri
Durante il biennio 2021–2022, per contrastare la crisi energetica, il Governo aveva azzerato gli oneri di sistema e tagliato IVA e accise, con effetti immediati sul costo finale. Tuttavia, a partire da aprile 2023 e gennaio 2024, questi aiuti sono stati ritirati:
L’IVA sul gas è tornata al 10%;
Gli oneri di sistema sono stati reintrodotti;
Le soglie per accedere al bonus sociale sono state ridotte.
Il risultato è che, anche a fronte di una discesa dei prezzi dell’energia sul mercato, le bollette non sono scese. Anzi, in molti casi sono aumentate, riportando la spesa media per una famiglia a oltre 2.800 euro annui.
Liberalizzazione e rincari: il ruolo dei fornitori
Con la fine del mercato tutelato, avvenuta a gennaio 2024, i fornitori del mercato libero hanno assunto un ruolo centrale. Ma secondo alcuni esperti, non sempre il nuovo assetto ha prodotto reali vantaggi per i consumatori.
«È verosimile che alcuni operatori abbiano attuato politiche collusive, alzando i costi fissi o variabili in modo coordinato», spiegano i ricercatori. Le offerte sono spesso poco trasparenti, con costi per l’energia che vanno da 300 a oltre 1.000 euro all’anno per la stessa famiglia tipo (2700 kWh annui).
Rinnovabili: tra potenzialità e limiti strutturali
Le fonti rinnovabili sono fondamentali per ridurre la dipendenza dal gas e abbassare i costi nel lungo periodo. Ma oggi, non bastano. Perché?
Produzione intermittente: solare ed eolico non producono energia in modo costante.
Prezzo marginale: anche se il costo di produzione è basso, il prezzo viene comunque fissato dal gas.
Ritardi autorizzativi: a febbraio 2024 c’erano 1.376 progetti in attesa di autorizzazione.
Oneri di sbilanciamento: quando le rinnovabili non producono quanto previsto, devono intervenire impianti convenzionali, generando costi extra.
Nel 2025, la copertura da fonti rinnovabili ha raggiunto il 41,2% del fabbisogno elettrico (dal 37,8% del 2023), ma Legambiente stima che l’Italia sia in ritardo di oltre 8 anni sugli obiettivi 2030.
Strumenti come i PPA (Power Purchase Agreement) e i CfD (Contract for Difference) sono visti come soluzioni per stabilizzare i prezzi, garantendo una remunerazione certa ai produttori rinnovabili.
I PPA permettono di vendere energia a prezzo fisso per anni, riducendo l’esposizione alle oscillazioni del mercato.
I CfD prevedono che, se il prezzo di mercato è più basso di quello contrattato, lo Stato copra la differenza (e viceversa).
Tuttavia, questi strumenti sono oggi inaccessibili alle famiglie e usati quasi esclusivamente da grandi imprese. Inoltre, non risolvono il problema della produzione intermittente, e rischiano – se mal progettati – di disincentivare gli investimenti in nuovi impianti.
Sette zone, sette prezzi: cosa cambia davvero
Dal 2025 l’Italia è passata a 7 prezzi zonali per l’elettricità, abbandonando il PUN nazionale. In teoria, le zone con più rinnovabili (e meno gas) dovrebbero vedere prezzi più bassi sulla Borsa elettrica.
Ma nel breve periodo, i cambiamenti sono minimi:
I prezzi 2024 vanno da 106 €/MWh in Sardegna a 112 €/MWh in Sicilia;
Il mix energetico in quasi tutte le zone è ancora dominato dal termoelettrico (gas), con picchi del 74% al Nord.
Il beneficio per le famiglie? Ancora marginale. Solo nel medio-lungo termine, quando nuovi impianti entreranno in funzione, le zone più efficienti potranno vedere una reale discesa dei prezzi.
Cosa si può (davvero) fare per abbassare le bollette
Riformare il mercato elettrico: separare i prezzi tra fonti rinnovabili e fossili (mercato “a due livelli”) per evitare che il gas continui a influenzare tutto il sistema.
Semplificare le autorizzazioni: il nuovo Testo unico per le rinnovabili ha introdotto semplificazioni, ma l’efficacia si vedrà solo tra fine 2025 e il 2026.
Favorire le comunità energetiche: investimenti pubblici, accumuli e digitalizzazione dei contatori possono aiutare le famiglie a produrre e scambiare energia localmente.
Educare i consumatori: campagne informative, maggiore trasparenza delle offerte e potenziamento del Portale offerte ARERA sono essenziali.
L’Italia è a un bivio. Il sistema attuale è troppo legato al gas, poco trasparente e scarsamente competitivo. Le rinnovabili sono la chiave per uscirne, ma da sole non bastano, se non accompagnate da una riforma strutturale del mercato, investimenti pubblici intelligenti e una strategia di lungo termine.
Solo allora i vantaggi ambientali delle rinnovabili potranno diventare anche vantaggi economici. Perché un futuro verde deve anche essere un futuro accessibile.
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