L’Italia e il rischio di non raggiungere i target climatici al 2030
- SR
- 23 set
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Uno studio indipendente ha recentemente lanciato un allarme: l’Italia rischia di non centrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti dall’Unione Europea al 2030. Le cause principali risiedono nel rallentamento della transizione energetica nazionale, dovuto a una serie di fattori strutturali e politici. Nonostante gli impegni, lo sviluppo delle energie rinnovabili procede a ritmo troppo lento, ostacolato da burocrazia, opposizioni locali e ritardi autorizzativi. Inoltre, il Paese è indietro sul fronte dei sistemi di accumulo energetico, essenziali per integrare efficacemente le rinnovabili nel mix elettrico e garantire stabilità alla rete.
Le conseguenze di questo ritardo sono molteplici. A livello geopolitico ed economico, un’Italia non allineata agli obiettivi climatici rischia di restare indietro rispetto ad altri Paesi europei, sia in termini di attrattività per gli investimenti sostenibili sia nella capacità di partecipare pienamente alle opportunità offerte dal Green Deal. Dal punto di vista industriale, i costi energetici più elevati derivanti da una scarsa indipendenza dalle fonti fossili possono ridurre la competitività delle imprese italiane nei mercati globali. Infine, c’è il rischio concreto di penalizzazioni e sanzioni a livello europeo, con un impatto diretto sui conti pubblici e sulle strategie nazionali.
Per invertire la rotta servono interventi mirati e coraggiosi: snellire i processi autorizzativi, promuovere la ricerca e lo sviluppo di tecnologie innovative per lo storage, rafforzare le reti intelligenti e incentivare la collaborazione tra pubblico e privato. Anche il coinvolgimento delle comunità locali sarà determinante: la transizione non può essere percepita come un’imposizione dall’alto, ma deve diventare un progetto condiviso di sviluppo territoriale e occupazionale.
Le imprese, dal canto loro, devono muoversi in anticipo. Pianificare scenari energetici alternativi, investire in efficienza, adottare tecnologie a basse emissioni e collaborare con partner e fornitori sono passi essenziali per non farsi trovare impreparate di fronte a un contesto normativo e di mercato che sta rapidamente cambiando.
Scenari al 2035 e 2050: il falso dilemma tra competitività e sostenibilità
Il rapporto presentato da ASviS durante il Festival dello Sviluppo Sostenibile 2025, intitolato “Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050: il falso dilemma tra competitività e sostenibilità”, offre una prospettiva di lungo periodo sulle possibili traiettorie economiche e ambientali del Paese. Il documento parte da un presupposto chiave: la sostenibilità non è un costo aggiuntivo, ma un’opportunità per rafforzare la competitività se le scelte vengono fatte in tempi rapidi e con coerenza strategica.
Il rapporto mostra come le imprese che oggi scelgono di investire in innovazione sostenibile – dalle tecnologie pulite all’economia circolare – potranno domani beneficiare di un vantaggio competitivo significativo. Questo perché i mercati finanziari e gli stakeholder istituzionali tenderanno a premiare chi dimostrerà di essere allineato agli obiettivi climatici globali e agli standard ESG internazionali. Al contrario, chi rimane ancorato a modelli obsoleti rischia di affrontare costi di adattamento sempre più elevati e di perdere posizioni sui mercati globali.
Un aspetto centrale del documento riguarda la necessità di politiche industriali integrate. Non basta agire solo sul piano ambientale: serve una strategia coordinata che tenga insieme economia, lavoro, fiscalità, innovazione tecnologica e formazione. In questo quadro, la governance aziendale assume un ruolo fondamentale: le imprese non possono più limitarsi a una rendicontazione formale, ma devono integrare la sostenibilità nella pianificazione strategica, nei processi decisionali e nella gestione operativa.
Gli scenari proposti dall’ASviS fungono da strumento di orientamento. Permettono alle imprese di condurre stress test, identificare rischi e opportunità, e sviluppare strategie resilienti al cambiamento. La transizione ecologica, se gestita correttamente, diventa quindi non un vincolo, ma una leva di sviluppo e innovazione. Per il sistema Paese, la sfida è costruire un percorso credibile e condiviso che renda l’Italia capace di competere in un mondo in rapido cambiamento, senza sacrificare la sostenibilità ambientale e sociale.
In definitiva, il cosiddetto “falso dilemma” tra competitività e sostenibilità va superato: le due dimensioni sono ormai inscindibili. La competitività del futuro sarà sostenibile o semplicemente non sarà.
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