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Clima in tribunale: la Cassazione dà via libera alla causa contro Eni

  • SR
  • 28 lug
  • Tempo di lettura: 3 min
Clima in tribunale: la Cassazione dà via libera alla causa contro Eni
Clima in tribunale: la Cassazione dà via libera alla causa contro Eni

Di fronte alla crisi climatica, anche il diritto evolve. Con una sentenza storica depositata il 22 luglio 2025, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la legittimità del processo intentato da Greenpeace Italia e ReCommon contro Eni, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), aprendo di fatto le porte a una delle prime cause italiane per danni da cambiamento climatico.


Il contesto giuridico: una svolta per la climate litigation italiana

La causa, avviata nel 2023, si basa sull'accusa che Eni – insieme agli attori pubblici azionisti – abbia contribuito consapevolmente e sistematicamente al riscaldamento globale, con politiche industriali e investimenti che hanno privilegiato combustibili fossili a discapito della transizione ecologica.

La novità più significativa riguarda il riconoscimento, da parte della Cassazione, della giurisdizione italiana e del diritto delle organizzazioni ambientaliste a citare in giudizio non solo una multinazionale energetica, ma anche soggetti pubblici, per presunte responsabilità nella crisi climatica. I giudici hanno infatti respinto l'eccezione di inammissibilità sollevata da Eni e MEF, rimandando il caso al Tribunale civile di Roma per l’esame di merito.


Le richieste: allineamento agli Accordi di Parigi

Le ONG ricorrenti chiedono che Eni e i suoi principali azionisti siano giudicati per violazione dei diritti fondamentali, inclusi quelli alla salute e alla vita, a causa dell’aggravamento della crisi climatica. La richiesta concreta è che il gruppo energetico sia costretto a rivedere il proprio piano industriale, in modo da allinearlo agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ossia contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C.


Perché questa causa è importante

La sentenza rappresenta un importante precedente per la “climate litigation” in Italia, seguendo la scia di casi simili in Germania, Paesi Bassi e Stati Uniti. In particolare:

  • Riconosce che le aziende possono essere perseguite per responsabilità ambientale legata alle emissioni di gas serra, anche se operano in conformità con leggi nazionali o strategie di lungo periodo.

  • Afferma la possibilità per cittadini e organizzazioni civiche di agire in giudizio in nome dell’interesse collettivo alla tutela climatica, superando l’ostacolo della legittimazione ad agire.

  • Coinvolge attori pubblici, sollevando il tema del ruolo dello Stato come azionista e regolatore.


Eni e MEF: le difese e le reazioni

Eni ha definito la causa “priva di fondamento”, sostenendo di essere impegnata in un percorso di decarbonizzazione compatibile con gli obiettivi internazionali. Anche il Ministero dell’Economia ha difeso il proprio ruolo, sostenendo che la strategia di investimento in Eni non configura un’omissione o un contributo diretto alla crisi climatica.

Dall’altro lato, Greenpeace e ReCommon hanno parlato di “giornata storica per la giustizia climatica in Italia”, sostenendo che il pronunciamento della Cassazione conferma l’urgenza di responsabilizzare le imprese energetiche in base al loro impatto reale sul clima.


Implicazioni per il settore ESG e per le imprese italiane

Questa decisione ha implicazioni significative per chi si occupa di sostenibilità e governance aziendale:

  • Aumenta il rischio legale per le imprese con modelli di business incompatibili con la transizione ecologica.

  • Rafforza il legame tra strategie ESG, dovere fiduciario degli azionisti pubblici e protezione dei diritti umani.

  • Segnala che i piani di transizione climatica aziendali devono essere credibili, trasparenti e misurabili, pena una crescente esposizione a contenziosi.


Prossimi passi

Il Tribunale di Roma dovrà ora esaminare il merito delle accuse. Non si esclude che, nel frattempo, il caso abbia un impatto normativo e culturale ben oltre le aule giudiziarie. Se accolta, la causa potrebbe imporre ad Eni di riformulare radicalmente i propri piani industriali e rappresenterebbe un caso pilota per altre azioni legali simili in Italia e in Europa.

La sentenza della Cassazione segna un passaggio storico: per la prima volta in Italia, un’azienda e lo Stato dovranno rispondere in giudizio per la loro presunta responsabilità nella crisi climatica. Per ESG manager, specialist e stakeholder aziendali, questo rappresenta un segnale chiaro: la sostenibilità non è più solo un'opzione strategica, ma un potenziale obbligo giuridico.



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