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Difesa e sostenibilità: la dialettica complessa tra sicurezza e investimento responsabile

  • SR
  • 6 giu
  • Tempo di lettura: 3 min
Difesa e sostenibilità
Difesa e sostenibilità

In un’epoca storica segnata da un crescente disordine geopolitico, da crisi sistemiche e da un’escalation nei conflitti regionali, la questione della legittimità dell’investimento nel settore della difesa si impone con una forza inedita nell’ambito del dibattito ESG. lungi dall’essere un argomento marginale, essa rappresenta oggi una delle più ardue sfide per chi si occupa di sostenibilità, poichè obbliga analisti, policy maker e investitori istituzionali a confrontarsi con la tensione profonda tra imperativi etici e necessità di sicurezza. 

storicamente escluso dai portafogli a vocazione responsabile, il comparto difensivo è stato a lungo associato a esternalità negative — in primis, la produzione e la commercializzazione di armamenti potenzialmente lesivi del diritto internazionale umanitario. Tuttavia, il mutamento del contesto internazionale, in particolare a seguito del conflitto russo-ucraino e delle rinnovate minacce alla sicurezza europea, ha generato una rivalutazione profonda del ruolo strategico dell’industria della difesa. Tale riconsiderazione si è riflessa in modo evidente nei flussi di capitale: secondo dati raccolti da Reuters e Financial Times nel primo semestre del 2025, i fondi tematici dedicati al settore della difesa in Europa hanno attratto investimenti per oltre 6 miliardi di dollari, con la creazione di almeno nove ETF a specifica focalizzazione sulla sicurezza e la resilienza strategica del continente.

Non si tratta, tuttavia, di una mera dinamica opportunistica. Fondi pensione e gestori di patrimonio tradizionalmente prudenti in materia di esclusioni — come il danese PFA — hanno annunciato una revisione delle proprie politiche di investimento responsabile, decidendo di reintegrare in portafoglio aziende operanti nel settore difensivo, tra cui Airbus e BAE Systems, ritenute fondamentali per la difesa comune europea e per la deterrenza in uno scenario internazionale sempre più frammentato. Questa evoluzione è stata accompagnata da una riflessione normativa e strategica da parte dell’Unione Europea, che nel contesto del piano da 800 miliardi per l’autonomia strategica ha incluso il rafforzamento industriale della difesa tra le priorità di lungo periodo.


Tensioni etiche e ridefinizione dei criteri ESG

Tale svolta, tuttavia, non avviene senza tensioni. Permane un dibattito sostanziale sulla compatibilità tra il settore della difesa e i principi fondativi dell’approccio ESG, in particolare per quanto concerne il pilastro “S” (Sociale). Numerose istituzioni continuano a escludere la difesa dagli investimenti sostenibili, soprattutto nel caso di armamenti considerati controversi — come le bombe a grappolo, le mine antiuomo o le armi nucleari. Tuttavia, sempre più voci, tra cui quella di Legal & General Investment Management, sostengono che un’interpretazione evolutiva dei criteri ESG debba ammettere una distinzione fra sistemi d’arma convenzionali e tecnologie difensive orientate alla protezione delle popolazioni civili, all’interoperabilità con standard internazionali e alla promozione della stabilità geopolitica.

In questo quadro, la governance assume un ruolo centrale. Gli investitori che scelgono di includere la difesa nelle proprie strategie sostenibili sono chiamati a esercitare un rigoroso scrutinio sulle pratiche di trasparenza, rispetto dei diritti umani, gestione etica della supply chain e controllo sull’esportazione. Tali criteri, se applicati con coerenza e fermezza, possono contribuire a orientare l’intero comparto verso standard più elevati di responsabilità e accountability.

La discussione sull’inclusione della difesa nei portafogli ESG riflette, in ultima analisi, una maturazione del concetto stesso di sostenibilità. In un mondo in cui la sicurezza, la pace e la resilienza delle democrazie non possono più essere date per scontate, diviene legittimo — e in taluni casi necessario — interrogarsi su come tali dimensioni possano coesistere, anziché escludersi reciprocamente, con gli obiettivi di lungo termine della sostenibilità. Svincolare l’approccio ESG da una visione rigida e dogmatica, aprendolo invece a valutazioni più contestualizzate e fondate sul principio di materialità dinamica, appare non solo opportuno ma doveroso.


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