Foche e cambiamento climatico: l'impatto del ghiaccio marino sulla loro vita in Antartide
- SR
- 23 mar
- Tempo di lettura: 3 min

Il cambiamento climatico sta influenzando molti aspetti degli ecosistemi marini e tra gli animali più vulnerabili ci sono i pinnipedi, in particolare le foche antartiche. Un nuovo studio condotto dall’Istituto tedesco Alfred Wegener e pubblicato su Nature Climate Change approfondisce le conseguenze del cambiamento climatico sugli habitat delle specie in Antartide.
Le conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai
Il riscaldamento globale sta provocando un rapido scioglimento dei ghiacciai con conseguenze disastrose sul comportamento degli zooplancton, alla base della catena alimentare marina. Gli zooplancton preferiscono ambienti bui, ma con i ghiacci che si stanno riducendo, una maggiore quantità di luce solare penetra nell’oceano costringendoli a rimanere in profondità. Tutto questo ha conseguenze devastanti sull’alimentazione delle foche e delle altre specie dell’artico. Infatti, il ghiaccio marino gioca un ruolo fondamentale nella vita delle foche antartiche. Questi animali utilizzano il ghiaccio non solo per riposarsi e riprodursi, ma anche per cacciare e nutrirsi. Le foche, infatti, tendono a concentrarsi nelle aree di ghiaccio stabili, dove possono trovare spazi adatti alla riproduzione e al parto, in particolare nelle zone di "fast ice" (ghiaccio marino ancorato alla terraferma).
Lo studio ha rivelato che la variabilità del ghiaccio marino (ad esempio la concentrazione di ghiaccio e la velocità del drift) ha un forte impatto sulla probabilità che una determinata specie di foca sia presente acusticamente in una determinata zona. Le foche Ross e Leopardo, ad esempio, sembrano preferire aree con una maggiore variabilità nel ghiaccio marino, che consente loro di accedere più facilmente ai ghiacci galleggianti per il riposo e la caccia. D'altra parte, la foca Weddell, che predilige il "fast ice", ha mostrato una correlazione negativa con la variabilità del ghiaccio, il che suggerisce che l'instabilità del ghiaccio possa influenzare negativamente la sua distribuzione e attività.
L'anomalia del ghiaccio marino: un segnale di cambiamento
Un aspetto sorprendente del lavoro è il suo focus sull'anomalia del ghiaccio marino nel 2010-2011, che ha visto una riduzione significativa della copertura di ghiaccio nell'area di studio. In effetti, quando il ghiaccio marino si riduce drasticamente, le foche potrebbero trovarsi in difficoltà nel trovare aree di ghiaccio stabili dove possono riprodursi, allattare e nutrirsi.
Durante il periodo di studio, tutte le specie di foche studiate hanno dimostrato la necessità di doversi spostare lontano dalle aree tradizionali di riproduzione, mettendo a rischio la loro capacità di riprodursi. Inoltre, la scarsità di ghiaccio marino rende anche più difficile per i giovani cuccioli sopravvivere, aumentando il rischio di mortalità.
La capacità adattativa delle foche è messa a dura prova
Una delle principali preoccupazioni sollevate dallo studio è la capacità delle foche di adattarsi rapidamente ai cambiamenti nelle condizioni del ghiaccio marino. Le fluttuazioni rapide e improvvise del ghiaccio, come quelle osservate nel 2010-2011, sembrano mettere a dura prova la capacità delle foche di adattarsi, soprattutto in relazione alla loro stagione riproduttiva. Poiché la finestra temporale per la riproduzione è ristretta e dipende fortemente dalle condizioni del ghiaccio, eventi climatici estremi potrebbero compromettere la capacità delle foche di riprodursi con successo.
Inoltre, la riduzione del ghiaccio marino potrebbe intensificare la competizione tra le specie per gli spazi di riproduzione, costringendo le foche a spostarsi in aree meno adatte o più affollate, aumentando il rischio di mortalità per i cuccioli e altre difficoltà legate alla sopravvivenza.
Le foche del mediterraneo sono a rischio
Secondo il WWF la foca monaca è tra le 100 specie più a rischio a livello mondiale e l’unica presente nel mar mediterraneo. Con i suoi 2,5 metri di lunghezza massimi e i 300 kg di peso, viene ancora avvistata nei nostri mari, in Basilicata, in Sicilia e attorno alle isole del Tirreno. Si stima che ne restino in natura meno di 700 esemplari, per lo più avvistati in solitaria nei nostri mari.
Non solo cambiamento climatico, ma anche l’azione dell’uomo che, nel corso degli scorsi decenni, ha cacciato questo esemplare perché considerato una minaccia per la pesca locale. E non solo, le pelli e il grasso, che veniva trasformato in olio, della foca monaca erano due beni ricercati.
Il monitoraggio costante delle condizioni di queste specie è fondamentale per comprendere come i cambiamenti climatici stiano mettendo in difficoltà le foche. Con il riscaldamento globale che continua a influenzare il nostro clima, è fondamentale capire come queste variazioni possano alterare gli habitat naturali e, di conseguenza, le popolazioni di animali marini. Le foche, in quanto specie strettamente legate al ghiaccio marino, possono essere un "indicatore" utile per monitorare i cambiamenti ambientali in atto, senza dimenticare che le criticità non riguardano solo le specie che vivono in Antartide, ma anche quelle dei nostri mari.
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