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Il caso Loro Piana: quando il lusso tradisce i diritti umani

  • SR
  • 25 lug
  • Tempo di lettura: 4 min
Il caso Loro Piana: quando il lusso tradisce i diritti umani
Il caso Loro Piana: quando il lusso tradisce i diritti umani

Loro Piana, maison italiana d’eccellenza specializzata nella produzione di capi in cashmere e tessuti pregiati, è stata posta in amministrazione giudiziaria dal Tribunale di Milano per la durata di un anno. La decisione, assunta dalla Sezione Misure di Prevenzione, nasce da gravi evidenze di mancato controllo sulla filiera produttiva, che avrebbero colposamente alimentato un sistema di sfruttamento del lavoro.

L’inchiesta – che si inserisce in un più ampio filone investigativo coordinato dal procuratore capo di Milano, Marcello Viola, e dal sostituto Paolo Storari – getta luce su un meccanismo diffuso di esternalizzazione opaca, che priva i lavoratori delle più basilari tutele e compromette l’integrità delle promesse etiche di alcuni tra i brand più blasonati del lusso Made in Italy.

Secondo quanto riportato nel decreto, Loro Piana avrebbe agevolato colposamente pratiche di sfruttamento lavorativo, affidando direttamente la produzione di alcuni capi – tra cui le iconiche giacche in cashmere – alla Evergreen Fashion Group srl, senza esercitare un adeguato controllo sui successivi livelli della catena produttiva.

Evergreen, a sua volta, si sarebbe avvalsa della Sor-Man snc di Nova Milanese, che ha subappaltato parte della produzione a opifici cinesi clandestini, tra cui la Clover Moda srl. Proprio all’interno di quest’ultima realtà emerge uno degli episodi più drammatici: un sarto cinese, H.X., sarebbe stato selvaggiamente picchiato con pugni e tubi di plastica e alluminio dal gestore della società, Hu Xizhai, per aver chiesto il pagamento degli stipendi arretrati. L’aggressione – durata ore – è al centro di una denuncia che testimonia il grado di violenza e coercizione in cui operavano alcuni segmenti della filiera.

Le indagini dei Carabinieri per la Tutela del Lavoro hanno inoltre evidenziato la mancanza di audit regolari, l’assenza di controlli sulla capacità imprenditoriale delle aziende coinvolte, e una generale opacità operativa. Come sottolineano i magistrati milanesi:

«Loro Piana non ha nel corso degli anni eseguito efficaci ispezioni o audit per appurare in concreto l’operatività della catena produttiva e le effettive condizioni lavorative e gli ambienti di lavoro».


Profitti alle stelle: il divario tra costo di produzione e prezzo al dettaglio

L’indagine ha anche svelato la logica economica alla base del sistema: secondo testimonianze raccolte, una giacca prodotta per circa 80-96 euro nei laboratori subappaltati, veniva ceduta da Sor-Man a Loro Piana a 118 euro, per poi essere venduta nei negozi a prezzi compresi tra 1.000 e 3.000 euro.

Questi margini, benché formalmente leciti, diventano moralmente insostenibili se fondati su dinamiche di sfruttamento, lavoro irregolare e condizioni di vita disumane. Il Tribunale parla di un “sistema colposo”, che si è strutturato proprio grazie all’assenza di verifiche e alla debolezza dei meccanismi di governance.


La risposta dell’azienda

In un comunicato ufficiale, Loro Piana ha dichiarato di aver interrotto ogni rapporto con Evergreen in meno di 24 ore dalla scoperta delle irregolarità (avvenuta il 20 maggio), affermando di non essere stata informata dell’esistenza dei sub-fornitori coinvolti.

«Condanniamo fermamente qualsiasi pratica illegale – si legge nella nota – e ribadiamo il nostro continuo impegno nella tutela dei diritti umani e nel rispetto delle normative lungo tutta la filiera».

L’azienda ha inoltre precisato che i costi indicati dagli inquirenti non riflettono l’intero processo produttivo, né considerano il valore delle materie prime e dei tessuti impiegati. Loro Piana ha infine espresso totale disponibilità a collaborare con le autorità e ad offrire il massimo supporto per le indagini in corso, confermando l’intenzione di rafforzare ulteriormente i controlli e gli audit interni.


Una nuova emergenza per il lusso Made in Italy

Il caso Loro Piana si inserisce in un quadro allarmante che coinvolge altri grandi nomi della moda italiana e internazionale. Armani Operations, Dior, Valentino Bags e Alviero Martini sono già stati oggetto di provvedimenti analoghi, evidenziando come la sistematica esternalizzazione della produzione, specie a livelli di subfornitura non tracciati, favorisca la perdita di controllo e la degenerazione del sistema.

La Procura di Milano sottolinea come il distacco tra maison e catena produttiva – accentuato da strutture contrattuali opache – trasformi l’ultimo miglio della produzione in una terra di nessuno, dove proliferano lavoro irregolare, sfruttamento e in alcuni casi, violenza.

Nonostante la sottoscrizione del Protocollo d’intesa per contrastare il caporalato nella moda, promosso da Prefettura e Tribunale, la sua efficacia sembra limitata. Occorre dunque un cambio di passo strutturale, normativo e culturale.


L’analisi del caso evidenzia una serie di direttrici imprescindibili per una sostenibilità credibile:

  • Due diligence estesa: la responsabilità non può arrestarsi al primo fornitore. Serve una mappatura completa della catena, fino all’ultimo subappalto.

  • Audit e ispezioni indipendenti: da pianificare con regolarità, anche in assenza di segnalazioni.

  • Formazione e cultura aziendale: diffondere internamente un’etica della responsabilità, che superi le logiche del mero adempimento contrattuale.

  • Allineamento al CSDDD: la nuova Corporate Sustainability Due Diligence Directive, prevista in Europa, richiederà procedure sistemiche di prevenzione e controllo su impatti sociali e ambientali.

  • Rendicontazione trasparente: comunicare in modo autentico, documentato e responsabile, evitando derive di greenwashing.


Il caso Loro Piana rappresenta un banco di prova per il lusso italiano, sempre più costretto a confrontarsi con una realtà in cui la reputazione si costruisce (o si distrugge) sulla sostenibilità reale, non su slogan.

Le imprese del settore non possono più affidarsi a dichiarazioni valoriali o codici etici generici: è tempo di strutturare meccanismi di governance robusti, verificabili e legalmente vincolanti. Solo così il Made in Italy potrà continuare a rappresentare non solo un modello estetico, ma anche un modello etico nel panorama globale.


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