Il lato oscuro della moda: sfruttamento e ingiustizie dietro ogni capo
- SR
- 13 mar
- Tempo di lettura: 3 min

La realtà invisibile dietro ogni capo d'abbigliamento
L’industria della moda è una delle più potenti e globalizzate al mondo. Ogni giorno miliardi di capi di abbigliamento vengono prodotti e venduti a prezzi stracciati, alimentando una domanda sempre crescente. Tuttavia, pochi conoscono la realtà che si cela dietro questi vestiti che indossiamo quotidianamente. Dietro l’apparenza di lusso e accessibilità, si nascondono sfruttamento, disuguaglianze e condizioni di lavoro disumane. La Campagna Abiti Puliti, una rete globale composta da oltre 250 organizzazioni, ha lanciato un appello a scoprire il lato oscuro di questa industria, dove milioni di lavoratori e lavoratrici sono sottoposti a condizioni estreme per realizzare i capi che consumiamo.
Le ore di lavoro e il salario minimo
Ogni maglietta, pantalone o giacca che indossiamo è il risultato di un processo che coinvolge ben 172 mani, ovvero 86 persone. Tuttavia, nonostante il lavoro collettivo che va nella realizzazione di ogni capo, la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori non viene pagata abbastanza da garantire loro una vita dignitosa. Queste persone sono impegnate in fabbriche che, purtroppo, diventano luoghi dove il lavoro è sfruttato al massimo per ridurre i costi e massimizzare i profitti. Le ore di lavoro sono lunghe e le condizioni sono pericolose, con la maggior parte delle volte la sicurezza ignorata, e lo stress, purtroppo, una costante.
Il disastro del Rana Plaza
Il disastro del Rana Plaza, che ha avuto luogo in Bangladesh nel 2013, è uno degli episodi più eclatanti che ha scosso l’opinione pubblica mondiale. Oltre 1.100 persone hanno perso la vita, e 2.500 sono rimaste ferite. Le lavoratrici, il giorno prima del crollo, avevano segnalato delle crepe nei muri dell’edificio, ma sono state costrette a tornare al lavoro per non perdere la paga. Questo tragico evento ha messo in luce una dura realtà: almeno 29 marchi di moda avevano fornitori all’interno di quella fabbrica, tra cui nomi conosciuti come Benetton, Mango e Primark. Ciò dimostra la completa mancanza di responsabilità delle grandi aziende rispetto alla sicurezza e al benessere dei loro fornitori.
Un sistema che arricchisce pochi e sfrutta molti
Nonostante queste tragedie, il sistema della moda a basso costo continua a prosperare. Un altro dato inquietante è quanto guadagnano davvero le lavoratrici. Se una t-shirt viene venduta a 29€, solo 0,18€ di quella cifra vanno al salario delle persone che l’hanno prodotta. Questo squilibrio economico è la base su cui si regge l’intero sistema della moda veloce. Mentre noi consumiamo in modo sempre più frenetico, le persone che realizzano questi prodotti sono relegate a guadagni miseri, insufficienti a garantire loro una vita dignitosa.
Il costo della moda di lusso e il suo impatto sulle lavoratrici
La realtà che ci troviamo davanti è un sistema che arricchisce pochi a spese di tanti, dove il prezzo della moda è pagato dalle lavoratrici. Non solo i marchi economici, ma anche quelli di lusso, non si distinguono quando si parla di pagare in modo giusto chi realizza i prodotti. La maggior parte dei soldi che spendiamo finisce nelle tasche dei marchi e degli intermediari, mentre il salario delle lavoratrici è spesso una miseria. Questo è l'elemento centrale che alimenta l’industria della fast fashion, un’industria che si fonda sullo sfruttamento umano.
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