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L’Europa al crocevia climatico: il nuovo obiettivo 2040

  • SR
  • 4 lug
  • Tempo di lettura: 4 min
L’Europa al crocevia climatico: il nuovo obiettivo 2040
L’Europa al crocevia climatico: il nuovo obiettivo 2040

Con la proposta di modifica della Legge europea sul Clima annunciata il 2 luglio 2025, la Commissione europea ha ufficializzato un nuovo obiettivo intermedio nel percorso verso la neutralità climatica: una riduzione del 90% delle emissioni nette di gas serra entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990.

Questa soglia si inserisce nel solco dell’impegno giuridicamente vincolante di riduzione del -55% entro il 2030, e costituisce un tassello fondamentale della traiettoria climatica continentale. Tuttavia, la natura e la struttura della proposta hanno suscitato un acceso dibattito tra governi, imprese e società civile, in particolare per l’introduzione di forme di flessibilità e compensazione che potrebbero offuscare la trasparenza e l’efficacia dell’azione climatica europea.


Obiettivo 2040: ambizione climatica e certezze industriali

Secondo la Commissione, l’introduzione di un target al 2040 ha una funzione molteplice: non solo rafforza la traiettoria verso la neutralità climatica al 2050, ma fornisce segnali chiari e prevedibili agli attori economici, in un contesto dominato da incertezza geopolitica, frammentazione industriale e pressioni inflazionistiche. Come ha dichiarato la presidente Ursula von der Leyen:

“L’obiettivo è chiaro, il percorso è pragmatico e realistico. L’industria e gli investitori si aspettano una direzione di marcia prevedibile. Oggi confermiamo il nostro impegno verso una decarbonizzazione credibile e strutturata.”

La proposta si fonda su una valutazione d’impatto tecnico-scientifica approfondita, che tiene conto degli scenari IPCC, delle raccomandazioni del Comitato consultivo scientifico europeo (ESCC), e dei risultati delle consultazioni avviate nel 2024 con stakeholder pubblici e privati, oltre che con la cittadinanza. Quest’ultima, secondo l’ultimo sondaggio Eurobarometro, mostra un consenso schiacciante: l’84% degli italiani e l’81% dei cittadini UE appoggiano la carbon neutrality al 2050.


Flessibilità come paradigma

La novità più rilevante della proposta è tuttavia il nuovo paradigma della “flessibilità”, attraverso cui la Commissione intende modulare gli strumenti di attuazione del target climatico, abbandonando l’approccio rigidamente “comando e controllo” delle precedenti fasi regolatorie.

Tra le principali misure proposte:

  • Ricorso limitato ai crediti internazionali di carbonio, a partire dal 2036, entro un tetto massimo del 3% rispetto alle emissioni nette del 1990, e solo se di qualità certificata;

  • Integrazione delle tecniche per la rimozione permanente di CO₂ — ad esempio tramite tecnologie di cattura e stoccaggio (CCS) — all’interno del sistema EU ETS;

  • Maggiore flessibilità intersettoriale, che consenta agli Stati membri di compensare performance insufficienti in settori difficili da decarbonizzare (es. agricoltura) con risultati superiori in ambiti più dinamici (es. trasporti o rifiuti).

Questa impostazione intende conciliare equilibrio economico, equità sociale e diversità nazionale, rispettando al contempo i principi di neutralità tecnologica e semplificazione amministrativa. È una risposta chiara al grido d’allarme di numerosi Stati membri, in particolare Polonia, Ungheria e Francia, che hanno chiesto di differenziare gli obiettivi e dilazionare la definizione del nuovo NDC europeo in vista della COP30 a Belém (Brasile).


Criticità sollevate 

Nonostante le dichiarazioni ottimistiche della Commissione, le principali ONG europee hanno manifestato profonde perplessità. L’European Environmental Bureau (EEB), tra gli altri, ha denunciato l’assenza di una scomposizione chiara del target in tre categorie fondamentali:

  1. Riduzioni effettive delle emissioni domestiche;

  2. Rimozioni naturali o industriali;

  3. Compensazioni esterne.

L’ambiguità di definizione, secondo gli ambientalisti, apre la porta a strategie elusive e operazioni di “greenwashing normativo”, che permetterebbero agli Stati membri di esternalizzare le proprie responsabilità climatiche. Come ha affermato Mathieu Mal (EEB):

“La crisi climatica non aspetta. Queste cosiddette flessibilità sono solo scappatoie per ritardare un’azione concreta. Serve chiarezza, integrità e volontà politica.”


Clean Industrial Deal, CBAM e fiscalità verde

La proposta sul clima 2040 si accompagna a una serie di iniziative collaterali che compongono il Clean Industrial Deal, cuore operativo del Green Deal per la transizione industriale dell’UE. Tra le misure già implementate o annunciate:

  • Nuove linee guida sugli aiuti di Stato, mirate a facilitare investimenti in tecnologie pulite e infrastrutture decarbonizzate;

  • Semplificazione del Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), con l’esenzione del 90% degli importatori, per garantire competitività senza creare barriere eccessive;

  • Lancio del progetto pilota della Banca per la Decarbonizzazione Industriale, a sostegno degli investimenti nel settore hard-to-abate;

  • Raccomandazione sugli incentivi fiscali per accelerare l’adozione di tecnologie a basse emissioni attraverso strumenti come l’ammortamento accelerato e i crediti d’imposta;

  • Iniziative per energia a prezzi accessibili, espansione delle rinnovabili, supporto ai Power Purchase Agreements (PPA), e dialoghi settoriali per garantire un’equa transizione.


La proposta della Commissione europea per l’obiettivo climatico al 2040 rappresenta, senza dubbio, uno dei più significativi snodi strategici della politica ambientale europea dell’ultimo decennio. Pur conservando un alto livello di ambizione, essa si muove in un equilibrio sottile tra realismo politico, vincoli economici e aspettative della società civile.

L’inclusione di strumenti di flessibilità — se non accompagnata da rigorosi criteri di trasparenza, tracciabilità e addizionalità — rischia di erodere la fiducia in una transizione equa e realmente trasformativa. Viceversa, se ben regolata, può rappresentare una leva pragmatica per accelerare l’innovazione, aumentare la resilienza del sistema economico europeo e consolidare la leadership climatica dell’Unione nel contesto multilaterale.

Ora la parola passa al Parlamento europeo e al Consiglio. La storia insegna che non basta fissare obiettivi ambiziosi: occorre dotarsi degli strumenti giusti per raggiungerli. E, soprattutto, del coraggio politico per portarli a compimento.







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