Lidl lancia una nuova etichetta di sostenibilità: è questo il futuro dei prodotti alimentar
- SR
- 1 set
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Lidl GB ha lanciato il Live Well logo, un marchio da applicare ai prodotti a marchio proprio che, per la prima volta tra i discount nel Regno Unito, combina requisiti nutrizionali basati su evidenza scientifica con criteri di sostenibilità ambientale. L’iniziativa è stata sviluppata in collaborazione con la British Nutrition Foundation (BNF) e si inserisce nella partnership di Lidl con il WWF, richiamando esplicitamente la Planetary Health Diet come riferimento dietetico. Il rollout dovrebbe interessare oltre 100 prodotti iniziali e completarsi nei prossimi sei mesi; Lidl si è inoltre data l’obiettivo di far rientrare il 10% dei propri prodotti a marchio nel logo entro il 2030.
Come funziona l’etichetta: determinanti e soglie applicate
Il Live Well è un sistema a doppia dimensione: per ottenere il logo un prodotto deve soddisfare contemporaneamente requisiti nutrizionali validati dalla BNF e criteri di sostenibilità ambientale. I punti salienti tecnici sono:
Standard nutrizionali basati su BNF: i prodotti devono rispettare criteri nutrizionali evidence-based approvati dalla British Nutrition Foundation, con valutazioni differenziate per categoria. Tra le specifiche tecniche ci sono il requisito di non essere classificati come HFSS (Health-Food-System Score, allineato al modello di profilazione nutrienti FSA 2004/05), limiti su grassi totali, grassi saturi, zuccheri e sale (usando indicatori tipo “green traffic lights”) e livelli minimi di fibra. In aggiunta, il prodotto deve riportare almeno una health claim autorizzata.
Allineamento alla Planetary Health Diet: le soglie nutrizionali e la selezione delle categorie privilegiate (es. frutta e verdura, cereali integrali, proteine vegetali) sono orientate a sostenere scelte coerenti con la dieta proposta dal report EAT-Lancet, che combina obiettivi nutrizionali e limiti ambientali.
Criteri di sostenibilità: oltre alla componente nutrizionale, il logo richiede evidenze di pratiche sostenibili—per esempio certificazioni come LEAF, approvvigionamento verificato di materie prime critiche, e imballaggi 100% riciclabili dove possibile. È quindi un approccio “salute + catena di fornitura”.
Validazione e governance: lo sviluppo tecnico delle soglie è stato validato con partner esterni (BNF, WWF). Lidl dichiara che la selezione dei prodotti e il rispetto dei criteri saranno monitorati internamente; dai comunicati non emerge ancora un meccanismo pubblico di audit indipendente su larga scala.
Elementi di implementazione e target operativi
Dal materiale ufficiale risultano due target operativi chiave dichiarati: rollout dei primi 100+ prodotti entro sei mesi dal lancio e una quota obiettivo del 10% dei prodotti a marchio proprio che soddisfino il criterio Live Well entro il 2030. Lidl collega inoltre il progetto a obiettivi più ampi (aumento delle vendite plant-based del 20% entro 2030) per creare coerenza tra assortimento, marketing e impegni di sostenibilità.
Valutazione tecnica: punti di forza
Approccio integrato: combinare salute umana e impatto ambientale è coerente con le evidenze che mostrano come le diete sane spesso coincidano con carichi ambientali inferiori (principio Planetary Health). Questo riduce il rischio che un’etichetta salutistica promuova prodotti con alto impatto ambientale o viceversa.
Validazione scientifica: il coinvolgimento della BNF e il riferimento alla EAT-Lancet forniscono rigore nelle soglie nutrizionali, aumentando la credibilità tecnica rispetto a scorciatoie di marketing.
Chiarezza per il consumatore: un logo unificato sullo scaffale facilita scelte rapide e può ridurre la complessità informativa in contesti di acquisto a bassa attenzione (soprattutto presso discount).
Rischi, limiti e questioni aperte
Trasparenza e verifiche indipendenti: la comunicazione ufficiale non chiarisce la governance delle verifiche a posteriori né l’accesso pubblico ai criteri completi per categoria; senza audit indipendenti il rischio di accuse di greenwashing o health-washing aumenta. È cruciale pubblicare i criteri completi e le metodologie di controllo.
Interoperabilità con sistemi esistenti: nel Regno Unito e in UE esistono altre etichette nutrizionali e di sostenibilità (traffic lights, Nutri-Score in altri paesi, marchi di certificazione ambientale). L’assenza di armonizzazione rischia di moltiplicare segnali e confondere i consumatori.
Categoria-specificità e trade-offs: alcuni prodotti che risultano utili per la sostenibilità della filiera (es. prodotti con ingredienti a basso impatto ma alta aggiunta di sale per conservazione) potrebbero risultare esclusi dal criterio nutrizionale: la selezione delle soglie sarà quindi determinante e deve essere basata su analisi costi-benefici per categoria.
Scalabilità e supply chain: raggiungere il target del 10% richiederà investimenti in approvvigionamenti sostenibili e in impianti di trasformazione: i fornitori devono essere in grado di dimostrare certificazioni e pratiche sostenibili in modo affidabile.
È questo il futuro delle etichette prodotto?
Dal punto di vista tecnico, il modello “multidimensionale” (nutrizione + impatto ambientale) rappresenta una direzione promettente per la standardizzazione dell’informazione sul prodotto. Le principali condizioni perché diventi un paradigma dominante sono:
Standardizzazione e armonizzazione — servono criteri comparabili e riconosciuti a livello regolatorio o intersettoriale (per evitare proliferazione di loghi con criteri divergenti).
Verifica indipendente — i consumatori e gli attori della supply chain richiedono audit terzi e tracciabilità digitale (es. blockchain o sistemi interoperabili di certificazione).
Policy enabling — incentivi normativi e fiscali (es. appalti pubblici preferenziali, bonus per prodotti con contenuto riciclato o a basso impatto) accelererebbero adozione e riformulazione industriale.
Semplicità comunicativa — il successo commerciale dipenderà dalla capacità di coniugare messaggi tecnici con semplicità (un singolo marchio che sintetizza più dimensioni ha più chance di essere efficace, ma solo se supportato da fiducia e trasparenza).
In sintesi, il Live Well è un caso pilota che aderisce alle migliori pratiche teoriche per le etichette “olistico-informative”, ma la sua replicabilità e capacità di guidare cambiamenti sistemici dipenderanno dalla governance, dalla metodologia di verifica e dall’allineamento con il quadro normativo e con altri schemi di etichettatura.
Raccomandazioni tecniche per stakeholder
Per le autorità regolatorie: valutare linee guida che promuovano interoperabilità tra schemi e richiedano audit indipendenti per etichette con claim complessi.
Per i retailer: pubblicare i criteri completi per categoria, i metodi di controllo e i risultati degli audit; attivare percorsi di capacity building per fornitori.
Per i ricercatori e ONG: monitorare l’impatto reale in store su scelte di consumo e su indicatori ambientali delle filiere (life-cycle assessment su prodotti Live Well vs controllo).
Per i consumatori: richiedere trasparenza sui criteri e preferire prodotti con certificazioni verificabili.
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